L’Università degli Studi di Milano al Centro di Polemiche per l’Occupazione Commerciale di un Chiostro Storico Durante la Settimana del Design
Gli studenti denunciano la priorità data al profitto rispetto agli spazi accademici e alle esigenze della comunità, mentre le installazioni di Amazon, McDonald’s e Disney scatenano indignazione.
Milano, Italia – 11 aprile 2025 – Gli studenti dell’Università degli Studi di Milano stanno portando avanti proteste contro la presenza di installazioni commerciali – tra cui quelle di Amazon, McDonald’s e Disney – all’interno di un chiostro storico durante la Settimana del Design di Milano. Le manifestazioni, iniziate all’inizio di questa settimana, si concentrano sull’accusa che l’università stia dando priorità agli interessi commerciali rispetto all’accesso degli studenti, alla conservazione di uno spazio culturalmente significativo e alle esigenze più ampie della comunità universitaria. Le proteste evidenziano una crescente tensione tra la crescente commercializzazione degli spazi universitari e i valori fondamentali delle istituzioni accademiche.
I. La Trasformazione del Chiostro: Da Santuario Accademico a Vetrina Commerciale
Da secoli, il Chiostro Grande dell’Università degli Studi di Milano serve da rifugio tranquillo per gli studenti e testimonianza della ricca storia dell’ateneo. Originariamente costruito nel XV secolo come parte del complesso ospedaliero Ca’ Granda, progettato dal rinomato architetto Francesco Sforza, il chiostro, con il suo cortile ad arcate e gli intricati lavori in mattoni, rappresenta un significativo esempio di architettura rinascimentale. Tradizionalmente utilizzato per lo studio, la riflessione e piccoli incontri, il chiostro ha subito recentemente una trasformazione radicale. In una mossa che ha suscitato l’indignazione diffusa degli studenti, l’amministrazione universitaria ha autorizzato l’installazione di esposizioni di marca e spazi promozionali per Amazon, McDonald’s e Disney nell’ambito dell’annuale Settimana del Design di Milano.
Le installazioni, che includono display interattivi, dimostrazioni di prodotti e aree ristoro di marca, hanno efficacemente trasformato il chiostro in una vetrina commerciale, alterandone drasticamente l’atmosfera e la funzionalità. Gli studenti riferiscono che lo spazio, un tempo un rifugio per lo studio tranquillo, è ora affollato, rumoroso e dominato da messaggi pubblicitari. L’amministrazione universitaria difende la decisione, citando i benefici finanziari derivanti dall’ospitare le installazioni e l’opportunità di mostrare il legame dell’università con il design innovativo. Tuttavia, i manifestanti sostengono che questi benefici hanno un costo significativo per l’ambiente accademico e il patrimonio storico dell’università.
II. Le Voci degli Studenti: Preoccupazioni per l’Accesso, la Commercializzazione e il Patrimonio
Le proteste sono guidate da una coalizione di gruppi studenteschi che rappresentano varie discipline accademiche. Gli studenti hanno organizzato sit-in, manifestazioni e campagne online per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle loro preoccupazioni. Un argomento centrale è che l’occupazione commerciale del chiostro limita l’accesso degli studenti a uno spazio prezioso. L’area, precedentemente aperta a tutti gli studenti, è ora parzialmente ristretta o dominata da eventi aziendali, rendendo difficile per gli studenti utilizzare lo spazio per il suo scopo originale.
“Questo chiostro era un luogo dove potevamo sfuggire alle pressioni della vita accademica e trovare un momento di pace”, ha affermato Sofia Rossi, portavoce del gruppo di protesta studentesca “Università Libera”. “Ora è solo un’altra pubblicità. Sembra che l’università ci stia dicendo che il profitto è più importante del nostro benessere e della nostra istruzione.” Marco Ferrari, dottorando in Storia dell’Arte, ha aggiunto: “Vedere uno spazio così ricco di storia e valore artistico ridotto a una piattaforma di marketing è profondamente scoraggiante. Manda un messaggio che il nostro patrimonio culturale è usa e getta.”
Oltre all’accesso, gli studenti sono anche preoccupati per le implicazioni più ampie della crescente commercializzazione dell’università. Sostengono che la presenza di grandi aziende all’interno dell’ambiente accademico manda un messaggio che l’università è più interessata a partnership e profitti che a promuovere il pensiero critico e la ricerca indipendente. Sono state sollevate anche preoccupazioni per le implicazioni etiche della collaborazione con aziende che potrebbero non essere in linea con i valori dell’università. Gli studenti indicano le pratiche lavorative e l’impatto ambientale di Amazon, il contributo di McDonald’s a cattive abitudini alimentari e la storia di appropriazione culturale di Disney come ragioni specifiche per la loro opposizione.
III. Una Tendenza Globale: L’Influenza delle Aziende nei Campus Universitari
Le proteste all’Università degli Studi di Milano non sono isolate. Conflitti simili sono scoppiati in università di tutto il mondo mentre le istituzioni cercano sempre più di generare entrate attraverso partnership e sponsorizzazioni commerciali.
All’Università di Oxford, gli studenti hanno protestato contro gli accordi di sponsorizzazione con aziende di armi, sostenendo che tali partnership compromettono la posizione etica dell’università. L’Università di Harvard ha subito pressioni costanti da parte degli studenti che chiedono la dismissione dagli investimenti in combustibili fossili. E numerose università hanno visto proteste relative alla qualità e all’approvvigionamento etico del cibo fornito dai fornitori di servizi alimentari commerciali.
Questi casi dimostrano una crescente tendenza all’attivismo studentesco incentrato sull’influenza delle aziende all’interno delle istituzioni accademiche e sulla priorità di pratiche etiche e sostenibili. Gli studenti chiedono sempre più che le università diano priorità ai loro valori fondamentali e garantiscano che le partnership commerciali siano in linea con la missione dell’istituzione. Questa situazione all’Università degli Studi di Milano riflette una lotta più ampia: la tensione tra la natura sempre più orientata al mercato dell’istruzione superiore e i valori tradizionali della libertà accademica e del servizio pubblico.
IV. La Risposta dell’Università e le Negoziati in Corso
L’amministrazione dell’Università degli Studi di Milano ha riconosciuto le proteste studentesche e ha espresso la volontà di dialogare. Tuttavia, le risposte iniziali sono state caute, con gli amministratori che difendono la decisione di ospitare le installazioni commerciali come un passo necessario per garantire finanziamenti e migliorare la reputazione dell’università.
“Comprendiamo le preoccupazioni dei nostri studenti, ma crediamo che queste installazioni offrano preziose opportunità di collaborazione e innovazione”, ha affermato il professor Marco Bianchi, Vice Rettore per le Relazioni Esterne dell’università. “Ci impegniamo a trovare un equilibrio tra interessi commerciali e le esigenze dei nostri studenti e docenti.” L’università ha offerto di istituire una commissione consultiva studentesca per esaminare le future partnership commerciali, ma i manifestanti sostengono che ciò non è sufficiente.
I negoziati tra l’amministrazione universitaria e i rappresentanti degli studenti sono in corso. Gli studenti chiedono un moratoria sulle future installazioni commerciali all’interno di spazi storici, una maggiore rappresentanza studentesca nei processi decisionali e un impegno a dare priorità ai valori accademici rispetto al guadagno finanziario. Ad oggi, 11 aprile 2025, le proteste continuano, con gli studenti che promettono di mantenere la pressione sull’amministrazione fino a quando le loro richieste non saranno soddisfatte.
V. Il Futuro degli Spazi Universitari: Bilanciare Commercio e Comunità
Il conflitto all’Università degli Studi di Milano solleva importanti questioni sul futuro degli spazi universitari e sul ruolo degli interessi commerciali all’interno delle istituzioni accademiche. Poiché le università affrontano crescenti pressioni finanziarie, è probabile che continuino a cercare partnership con le aziende. Tuttavia, è fondamentale che queste partnership siano attentamente considerate e che le esigenze degli studenti e la conservazione del patrimonio storico non siano sacrificate nel perseguimento del profitto.
Le proteste all’Università degli Studi di Milano ricordano che le università non sono semplicemente imprese, ma centri di apprendimento, ricerca e coinvolgimento della comunità. È essenziale che le università diano priorità ai loro valori fondamentali e garantiscano che gli interessi commerciali non minino la loro missione. L’esito del conflitto attuale probabilmente stabilirà un precedente su come le università di tutto il mondo gestiranno il complesso rapporto tra commercio e comunità negli anni a venire. Se l’Università degli Studi di Milano non riuscirà ad affrontare le preoccupazioni degli studenti, rischia di erodere ulteriormente la fiducia e di alienare la comunità che dovrebbe servire, stabilendo potenzialmente un pericoloso precedente per la mercificazione del patrimonio culturale all’interno dell’istruzione superiore.
