Diciotto anni dopo: l’udienza per la semilibertà di Stasi getta un’ombra sul caso Poggi

Un giudice si è riservato la decisione oggi, a seguito dell’udienza riguardante la richiesta di semilibertà di Alberto Stasi, quasi diciotto anni dopo il brutale omicidio di Chiara Poggi a Garlasco. Il caso, che ha catturato l’attenzione dell’Italia e rimane profondamente controverso, si basa su prove forensi contestate e una complessa storia legale.

Garlasco, Italia – 11 aprile 2025 – Il tribunale di Pavia ha ascoltato oggi le argomentazioni relative alla domanda di semilibertà di Alberto Stasi – un programma che consente ai detenuti di trascorrere giorni al di fuori del carcere continuando a scontare la pena. Stasi, condannato nel 2011 per l’omicidio di Chiara Poggi, la sua fidanzata, avvenuto nel 2007, si è presentato davanti al giudice chiedendo il permesso di tornare a una limitata forma di libertà. Mentre l’ufficio del Pubblico Ministero ha espresso un parere “parzialmente positivo”, il giudice si è riservato la decisione, affermando che sarà comunicata entro cinque giorni. L’udienza è stata segnata dallo scrutinio riguardante un’intervista non autorizzata che Stasi ha rilasciato al programma di giornalismo investigativo “Le Iene”.

Un crimine brutale e un’indagine contestata

Il 21 novembre 2007, Chiara Poggi, 28 anni, è stata trovata assassinata nel suo appartamento a Garlasco. La scena era di estrema violenza, con Poggi che aveva subito multiple ferite da coltello. Alberto Stasi, allora il suo fidanzato, è diventato rapidamente il principale sospettato. Le successive indagini si sono concentrate pesantemente su prove forensi, tra cui tracce di DNA trovate sulla scena del crimine, analisi delle macchie di sangue e la ricostruzione degli eventi.

L’accusa ha sostenuto che Stasi ha ucciso Poggi durante una lite accesa, presentando prove che, a loro dire, lo collegavano al crimine. Tuttavia, la difesa ha costantemente contestato l’interpretazione di queste prove, suggerendo la possibilità di una morte accidentale o il coinvolgimento di una terza persona. Un punto chiave di contesa ruotava attorno alla natura frammentaria delle prove del DNA, con gli avvocati della difesa che sostenevano che non fossero sufficienti a provare definitivamente la colpevolezza di Stasi.

La condanna del 2011 e i successivi appelli

Nel 2011, Stasi è stato condannato per l’omicidio di Poggi e condannato a 16 anni e 8 mesi di reclusione. La condanna si basava in gran parte sulle prove forensi presentate dall’accusa, nonostante le persistenti affermazioni di ragionevole dubbio da parte della difesa.

Il caso è stato oggetto di numerosi appelli e revisioni nel corso degli anni. Gli avvocati della difesa hanno ripetutamente cercato di presentare nuove prove e contestare la validità delle analisi forensi originali, sostenendo che errori investigativi e potenziali contaminazioni compromettessero l’integrità dei risultati iniziali. La recente richiesta di semilibertà ha innescato un’ulteriore riesame del caso, comprese nuove analisi del DNA condotte nel tentativo di chiarire le questioni ancora irrisolte. Questi retest si sono concentrati sull’utilizzo di tecniche avanzate di profilazione del DNA non disponibili al momento delle indagini originali, sperando di ottenere un risultato più chiaro e definitivo.

Un parere “parzialmente positivo” e preoccupazioni per l’esposizione mediatica

Oggi, l’avvocato di Stasi, Antonio De Rensis, ha espresso fiducia in un esito positivo. De Rensis ha sostenuto che Stasi ha dimostrato un genuino pentimento e riabilitazione durante il suo periodo in prigione, partecipando a programmi educativi e mostrando un comportamento coerentemente corretto, e che concedergli la semilibertà sarebbe un passo giusto e appropriato.

L’ufficio del Pubblico Ministero, pur riconoscendo l’apparente riabilitazione di Stasi, ha espresso un parere “parzialmente positivo”, indicando alcune riserve sulla concessione della piena libertà di giorno. Il Pubblico Ministero ha citato la gravità del crimine e le questioni ancora irrisolte riguardanti le prove forensi come fattori che influenzano la sua valutazione.

Tuttavia, un punto di contesa significativo durante l’udienza è stata un’intervista non autorizzata che Stasi ha rilasciato al programma “Le Iene”. Durante l’intervista, Stasi ha discusso la sua versione dei fatti e ha ribadito le sue affermazioni di innocenza. L’accusa ha sollevato preoccupazioni sul fatto che questa dichiarazione pubblica potesse essere interpretata come una mancanza di genuino pentimento e un continuo tentativo di eludere la responsabilità. In particolare, Stasi ha fornito un resoconto dettagliato della notte dell’omicidio, contraddicendo dichiarazioni precedenti rilasciate agli investigatori e suggerendo scenari alternativi. Hanno sostenuto che l’intervista ha minato la credibilità delle affermazioni di riabilitazione di Stasi e dovrebbe essere presa in considerazione quando si valuta la sua domanda di semilibertà.

Un caso che fa eco alle sfide forensi italiane

Il caso Stasi-Poggi non è isolato nella sua dipendenza da – e le successive sfide a – prove forensi. Condivide somiglianze con altri casi penali italiani di alto profilo, come il caso Amanda Knox, in cui l’interpretazione di prove scientifiche ha svolto un ruolo cruciale nei procedimenti legali. Questi casi hanno evidenziato le complessità della scienza forense e il potenziale di interpretazioni errate o analisi difettose.

“I tribunali italiani fanno sempre più affidamento su prove forensi, ma c’è una crescente consapevolezza dei limiti e dei potenziali pericoli”, spiega la dottoressa Elena Rossi, esperta di scienza forense. “Il caso Stasi-Poggi sottolinea la necessità di standard rigorosi e di una verifica indipendente di tutti i risultati forensi. I progressi tecnologici ci consentono di riesaminare le vecchie prove con maggiore precisione, ma richiede anche un’attenta considerazione di come queste nuove tecniche vengono applicate e interpretate”.

In attesa della decisione del giudice e dell’impatto sulla famiglia Poggi

Alla conclusione dell’udienza, il giudice si è riservato la decisione, affermando che una sentenza sarebbe stata comunicata entro cinque giorni. L’esito di questa decisione avrà implicazioni significative sia per Alberto Stasi che per la famiglia di Chiara Poggi, che si è battuta instancabilmente per la giustizia per quasi due decenni. Renata Poggi, la madre di Chiara, ha costantemente partecipato alle udienze ed ha espresso pubblicamente la sua convinzione che Stasi debba rimanere incarcerato.

Il caso rimane un vivido promemoria delle complessità del sistema giudiziario italiano e delle perduranti sfide nel provare la colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. La nazione attende ora la sentenza del giudice, sperando in una risoluzione che porti chiusura a questo lungo e doloroso capitolo e offra un po’ di pace alla famiglia Poggi. La decisione del giudice potrebbe anche creare un precedente per i casi futuri che coinvolgono il riesame di prove forensi e la valutazione della riabilitazione dei detenuti.