34 anni dopo: Livorno ricorda il Moby Prince, chiedendo ancora verità e giustizia
Livorno, Italia – 11 aprile 2025 – Trentaquattro anni dopo la catastrofica collisione che ha causato la morte di 140 persone, la città di Livorno oggi ha commemorato il disastro del Moby Prince con una solenne processione, una cerimonia di deposizione di corone in mare e il rilascio di 140 rose bianche – una per ogni vittima – nel Mar Tirreno. La commemorazione annuale non è servita solo come tributo ai caduti, ma anche come rinnovato appello alla giustizia e a una completa ricostruzione degli eventi che hanno portato al più grave disastro marittimo italiano dalla Seconda Guerra Mondiale. Nonostante decenni di indagini, la verità sulla tragedia del 1991 rimane avvolta nel mistero, lasciando le famiglie in lutto e in cerca di risposte. La commemorazione di quest’anno è stata segnata da crescenti richieste di una nuova indagine indipendente, libera da interferenze politiche.
La notte della collisione: una cronaca della tragedia
La sera del 10 aprile 1991, il traghetto Moby Prince salpò dal porto di Livorno diretto a Olbia, in Sardegna, trasportando 65 membri dell’equipaggio e 75 passeggeri. Alle 22:03, poco dopo aver lasciato il porto, la nave si scontrò con la petroliera Agip Abruzzo, carica di 40.000 tonnellate di petrolio greggio iraniano leggero. L’impatto causò un massiccio sversamento di petrolio e innescò un incendio catastrofico che rapidamente avvolse il Moby Prince. Il caos che ne seguì e la mancanza di un tempestivo ed efficace intervento di soccorso contribuirono all’enorme perdita di vite umane. Le prime segnalazioni si concentrarono sulla nebbia come potenziale causa, ma le testimonianze dei testimoni e le successive indagini rivelarono un quadro molto più complesso e inquietante. Il disastro divenne rapidamente una tragedia nazionale, suscitando indignazione e richieste di un’indagine approfondita. La risposta iniziale fu ostacolata da problemi di comunicazione, con alcuni soccorritori che inizialmente ritennero che il Moby Prince fosse una chiatta, ritardando un aiuto cruciale.
Una rete di domande senza risposta e teorie contrastanti
Nel corso degli anni, sono emerse numerose teorie sulle cause della collisione. Mentre le indagini iniziali puntarono all’errore umano – in particolare, a un potenziale uso inadeguato del radar e a manovre improprie del Moby Prince da parte dell’equipaggio – emersero presto incongruenze e circostanze sospette. La presenza di imbarcazioni non identificate nel porto quella notte, unita a segnalazioni di attività insolite, sollevò interrogativi su possibili fattori esterni. La scoperta di esplosivi a bordo del Moby Prince, in particolare tracce di C4 plastico nella sala macchine, e le confessioni di un informatore della ‘Ndrangheta (mafia calabrese), Salvatore Morello, che affermò che il traghetto era stato preso di mira a causa di una disputa sui traffici di contrabbando di petrolio, alimentarono le speculazioni su un atto deliberato. Tuttavia, le testimonianze di Morello furono in gran parte respinte dalle autorità per mancanza di riscontri.
A complicare ulteriormente la situazione, il Moby Prince era assicurato per circa 60 miliardi di lire (circa 35 milioni di dollari USA dell’epoca), una cifra significativamente superiore al suo effettivo valore di mercato di 20 miliardi di lire. Una controversia sul risarcimento assicurativo rimane irrisolta, con la compagnia assicurativa, Assicurazioni Generali, che cita discrepanze nel carico dichiarato della nave e possibili richieste fraudolente. Questa discrepanza ha portato ad accuse di un tentativo deliberato di trarre profitto dalla catastrofe. La risposta iniziale dei soccorsi fu anche pesantemente criticata, con segnalazioni di problemi di comunicazione tra l’ufficio del capitano del porto, la guardia costiera e i vigili del fuoco che ostacolarono gli sforzi per salvare le persone a bordo. Un problema chiave fu la mancanza di una struttura di comando unificata e il mancato attivamento del piano di emergenza nazionale.
La continua ricerca di giustizia: l’appello di una famiglia
“Trentaquattro anni sono una vita, eppure siamo ancora qui, a porre le stesse domande”, ha detto Maria Luisa, la cui fratello, un ingegnere navale, era tra le vittime del Moby Prince, durante la commemorazione di oggi. “Abbiamo bisogno di conoscere la verità, non solo per i nostri cari, ma per garantire che una tragedia del genere non accada mai più. Meritiamo giustizia e non ci fermeremo finché non la otterremo.” Ha anche annunciato la formazione di un nuovo gruppo di advocacy, “Verità per il Moby Prince”, dedicato a fare pressioni per una nuova indagine e una maggiore trasparenza.
Le famiglie delle vittime hanno a lungo criticato la lentezza e la superficialità delle indagini, denunciando insabbiamenti e una mancanza di volontà politica di scoprire la verità. Continuano a chiedere l’accesso a tutti i documenti pertinenti, compresi i fascicoli investigativi precedentemente sigillati, e una nuova indagine sul potenziale coinvolgimento della criminalità organizzata e di altri fattori esterni. Indicano inoltre incongruenze nelle dichiarazioni dei testimoni e la scomparsa inspiegabile di prove chiave come prova di un tentativo deliberato di ostacolare la giustizia.
Principali aree di indagine che rimangono aperte
Diverse domande chiave continuano a tormentare gli investigatori e ad alimentare le richieste di risposte delle famiglie:
- L’identità delle altre imbarcazioni: Quali altre navi erano presenti nel porto di Livorno la notte del disastro e quali erano le loro attività? In particolare, qual era l’identità di una piccola imbarcazione non identificata avvistata vicino al Moby Prince poco prima della collisione, come riferito da diversi testimoni? Erano coinvolti in attività illecite che potrebbero aver contribuito alla collisione?
- Il ruolo dell’intervento dei soccorsi: Perché l’intervento dei soccorsi guidato dallo stato non è arrivato tempestivamente ed efficacemente? Quali fallimenti sistemici nel sistema di risposta alle emergenze, compresi i problemi di comunicazione e la mancanza di coordinamento, hanno contribuito all’alto numero di vittime?
- Possibile atto deliberato: Il Moby Prince è stato deliberatamente preso di mira e, in tal caso, da chi? Quali erano le motivazioni di un tale atto e quali prove lo supportano, compresa la presenza di esplosivi e le testimonianze di Salvatore Morello?
- Coinvolgimento della criminalità organizzata: Quale ruolo, se presente, ha avuto la criminalità organizzata nel disastro? C’erano collegamenti tra il Moby Prince, l’Agip Abruzzo o altre parti coinvolte nella tragedia, in particolare per quanto riguarda il contrabbando di petrolio o altre attività illegali?
- Discrepanze assicurative: Qual era la ragione del valore assicurativo significativamente più alto del Moby Prince e come si collega all’indagine complessiva? La polizza assicurativa è stata utilizzata come mezzo per facilitare una frode?
Un’eredità di perdita e una richiesta di responsabilità
Il disastro del Moby Prince rimane un inquietante promemoria dell’importanza della sicurezza marittima, di un efficace intervento dei soccorsi e di un’indagine approfondita. La mancanza di una chiara responsabilità e le numerose domande senza risposta continuano ad alimentare il dolore delle famiglie delle vittime e a richiedere un rinnovato impegno per scoprire la verità.
La commemorazione di oggi non è servita solo come tributo ai caduti, ma anche come un potente messaggio alle autorità: le famiglie del Moby Prince non si fermeranno finché la giustizia non sarà fatta e la verità completa rivelata. Il disastro serve come un severo avvertimento sulle potenziali conseguenze della negligenza, della corruzione e del fallimento nel dare priorità alla vita umana, e un appello alla trasparenza e alla responsabilità in tutte le indagini marittime. Il Ministro dei Trasporti italiano, Matteo Salvini, presente alla commemorazione, si è impegnato a rivedere i fascicoli e a prendere in considerazione una nuova indagine, ma ha sottolineato la difficoltà di raccogliere prove affidabili dopo tanti anni.
