Bandito Morente, Negata la Richiesta di Tornare a Casa: Graziano Mesina, 83 Anni, Affronta gli Ultimi Giorni in Prigione a Milano
Sottotitolo: Nonostante la Diagnosi di Cancro Terminale, la Corte Italiana Motiva il Rifiuto di Trasferimento in Sardegna o Sospensione della Pena con la “Pericolosità Persistente”
Milano, Italia – 11 Aprile 2025 – Graziano Mesina, l’83enne ex bandito sardo che un tempo ha affascinato e terrorizzato l’Italia, si avvicina alla fine della sua vita in un carcere milanese. Le sue ripetute richieste di libertà condizionale o di trasferimento più vicino alla famiglia sono state negate dal sistema giudiziario italiano. Diagnosticato con una forma diffusa e incurabile di cancro, Mesina è ormai incapace di camminare, parlare o riconoscere i propri cari, eppure le autorità continuano a citare la sua “pericolosità persistente” come giustificazione per mantenerlo in stato di detenzione.
Una Vita di Criminalità e Controversie
Graziano Mesina divenne famoso negli anni ‘60 e ‘70 come un bandito sardo, una figura che sfumava i confini tra fuorilegge ed eroe popolare. I suoi audaci sequestri e le sfacciate evasioni dal carcere lo resero una leggenda, alimentata da una narrazione di sfida all’ordine costituito e alle percepite ingiustizie sociali. Mentre alcuni lo vedevano come un ribelle romantico – un simbolo di resistenza contro l’autorità continentale e le disparità economiche in Sardegna – altri riconoscevano il reale danno causato dalle sue attività criminali. Nel 2004, Mesina ottenne la grazia, offrendo un barlume di speranza per la riabilitazione. Tuttavia, tornò a una vita di criminalità nel 2013, guidando una banda di trafficanti di droga e ricevendo una condanna a 30 anni nel dicembre 2016.
La Battaglia per la Liberazione Condizionale
Ora, con il rapido deterioramento della salute di Mesina, i suoi avvocati hanno lanciato una disperata campagna per ottenere la sospensione della pena o il trasferimento in un carcere in Sardegna, permettendogli di trascorrere i suoi ultimi giorni circondato dalla famiglia. Sostengono che la sua condizione – caratterizzata da un grave declino fisico e cognitivo, che lo rende incapace di comunicare coerentemente e necessita di assistenza per ogni bisogno basilare – lo rende incapace di rappresentare una minaccia per la sicurezza pubblica. Cartelle cliniche, presentate alla Corte di Sorveglianza di Milano – un tribunale specializzato che supervisiona l’esecuzione delle pene e le richieste di libertà condizionale – attestano la natura terminale della sua malattia e una prognosi di poche settimane.
Nonostante queste suppliche, la corte ha costantemente negato le richieste – sette volte ad oggi – citando preoccupazioni per il suo passato e una persistente convinzione della sua potenziale pericolosità. I pubblici ministeri di Cagliari riferiscono che Mesina, anche nel suo stato indebolito, conserva la capacità di influenzare le reti criminali e potrebbe potenzialmente impartire ordini dalla prigione, influenzando le decisioni della corte. Questa posizione ha suscitato indignazione tra i sostenitori di Mesina e sollevato interrogativi sull’equilibrio tra giustizia e compassione all’interno del sistema legale italiano.
Un Conflitto tra Giustizia e Compassione
Il caso riecheggia situazioni simili che coinvolgono detenuti terminali che cercano la libertà condizionale o il trasferimento per essere più vicini alla famiglia. Questi casi spesso contrappongono le preoccupazioni per la sicurezza pubblica alle considerazioni umanitarie, costringendo i tribunali a soppesare i rischi posti da un individuo rispetto al desiderio di alleviare la sofferenza e consentire un’assistenza dignitosa alla fine della vita.
“La situazione è straziante”, afferma la Dott.ssa Elena Rossi, sostenitrice della riforma della giustizia penale e professoressa di diritto all’Università di Milano. “Sebbene la corte abbia il dovere di proteggere il pubblico, è difficile capire come un uomo di 83 anni, devastato dal cancro e completamente dipendente dagli altri, possa rappresentare una minaccia reale. Il continuo rifiuto di queste richieste sembra radicato nel desiderio di punire Mesina per le sue azioni passate, anche mentre affronta la morte imminente. È un caso di priorità della retribuzione rispetto alla compassione.”
Il Panorama Legale Italiano
Il sistema legale italiano, come molti altri, manca di linee guida chiare e coerenti per la concessione della libertà condizionale per motivi umanitari. Mentre alcune giurisdizioni, come la Germania, hanno stabilito criteri basati sulla prognosi medica, sulla valutazione del rischio e sul pentimento del prigioniero, altre si affidano fortemente alla discrezionalità del giudice. Questa ambiguità può portare a risultati incoerenti e sollevare preoccupazioni sulla correttezza e il giusto processo.
“L’Italia ha bisogno di un processo più trasparente e standardizzato per valutare le richieste di libertà condizionale per motivi umanitari”, afferma la Dott.ssa Rossi. “Attualmente, la decisione è in gran parte lasciata alla discrezione dei singoli giudici, il che può portare a risultati arbitrari e incoerenti.”
Un Ultimo Desiderio Negato?
Con il peggioramento delle condizioni di Mesina, il tempo stringe. I suoi avvocati continuano a fare appello alla Corte di Sorveglianza di Milano, sperando in un’ultima inversione di tendenza. Tuttavia, con ogni rifiuto, la prospettiva che trascorra i suoi ultimi giorni in una prigione milanese, lontano dalla sua famiglia e dalla sua terra natale, diventa sempre più probabile.
Il caso di Graziano Mesina è un crudo promemoria del costo umano dell’incarcerazione e dei dilemmi etici affrontati dal sistema giudiziario. Solleva domande fondamentali sullo scopo della punizione, sul significato della compassione e sul diritto a una morte dignitosa. Mentre il sole tramonta sulla vita di questo famigerato bandito, il dibattito sul suo destino continua a infuriare, e si prevede che i suoi avvocati presenteranno ricorsi a tribunali superiori. L’esito probabilmente alimenterà un ulteriore dibattito sulla necessità di una riforma della libertà condizionale all’interno del sistema penale italiano.
